08 marzo 2011

La regata dei Galeoni in Storica

Caro lettore se non ti va giù la Regata dei Galeoni, in Storica, proviamo a ragionare assieme, con calma. Se pensi di avere ragione, sii paziente, non ti arrabbiare. Dopo mi dirai la tua, ora ascolta, ti prego.

Se mi permetti, per prima cosa vorrei aprire una parentesi per definire cosa vuol dire, secondo me, avere ragione. Comincerei dicendo che cosa, di sicuro, non vuol dire avere ragione:


1. Ha ragione chi grida di più; 2. Ha ragione chi è in maggioranza; 3. Ha ragione chi è più forte; 4. Ha ragione chi è più ricco; 5. Ha ragione chi è più povero; 6. Ha ragione chi ti paga o chi ti può dare favori.


Per capire meglio cosa sto pensando metti al posto della parola "chi" le parole "solo perché" e poi rileggi. Chiaro, adesso?

Potrei andare avanti ancora, ma mi fermo perché volevo solo farti capire una cosa: prima di sposare una causa e buttarsi a capofitto, bisogna abituarsi ad ascoltare con attenzione e soprattutto con pazienza tutto, anche quello che sembra che non c'entri nulla. So che è difficile, anche per me, come per tutti.

Apposta ho fatto una lista di cose scontate o inutili, appunto per farti provare ad ascoltare pazientemente ed attentamente, perché solo ascoltando tutto fino alla ultima parola, puoi dire alla fine: "questo sì; questo no; questo vediamo".

Se invece man mano che ascolti ti arrabbi, va a finire che perdi lucidità e puoi precluderti la possibilità di capire. Con questo sistema, spesso, non si va da nessuna parte: se vinci ti esalti e magari ti senti superiore agli altri; se perdi invece è una sconfitta e ti senti frustrato; in ogni caso non hai imparato niente di nuovo.

Aver ragione vuol dire, secondo me, capire insieme. Non ci devono essere né vincitori né vinti, ma solo persone che scambiandosi le loro idee arrivano a concordare su che cosa è giusto, e così si uniscono e vanno avanti insieme, migliorando. Non che sia facile, ma vale la pena di provare.

Bene adesso scusami se ti ho rubato tempo prezioso, ma volevo allenarti ad essere paziente, in modo che fosse chiaro anche il ritmo del ragionamento.

Una volta si consultava la enciclopedia Treccani, adesso si usa dire: "ho guardato in giro su internet". Ho guardato e mi sono segnato questo:

una regata denominata Storica si svolse per la prima volta il 10 gennaio 1315, durante il dogado di Giovanni Soranzo; certo che doveva fare un bel freddo.

Il corteo storico lungo il Canal Grande è la rievocazione dell’accoglienza riservata nel 1489 a Caterina Cornaro, sposa del Re di Cipro, che rinunciò al trono per restare a Venezia.

La sontuosa manifestazione, che ai tempi della Serenissima veniva organizzata per celebrare le vittorie militari o per rendere omaggio ai dignitari stranieri, com'è noto si compone oggi di due momenti diversi: il corteo storico e le regate.

La Regata Storica nella sua versione moderna, seppur nata nel diciannovesimo secolo, in tempi quindi relativamente recenti, affonda le proprie radici nelle regate della Serenissima, documentate già dal medioevo; queste però non si svolgevano in Canal Grande e interessavano barche di grosse dimensioni; la voga all'impiedi, certamente altrettanto antica, tipica delle acque lagunari, era piuttosto appannaggio dei trasporti cittadini e in laguna, degli ortolani e dei pescatori.

La Regata Storica attuale viene fatta risalire all'anno 1815 quando, in onore dell'imperatore d'Austria, venne organizzata una regata in Canal Grande; risulta che solo nel 1841 venne finalmente stabilita una regata annuale con modalità simili a quelle che conosciamo oggi; in particolare la regata era organizzata con i soldi pubblici.

Le regate vennero interrotte nel 1848, in seguito all'insurrezione della città contro gli austriaci, e furono riprese nel 1866, anno in cui Venezia fu annessa al Regno d'Italia. L’appellativo Storica fu introdotto solo a partire dal 1899.

Origini molto più recenti ha la Regata delle antiche Repubbliche Marinare, essa venne stabilita a Pisa nell'anno 1949; curiosamente le cronache del tempo riferiscono dell'accanimento con cui un certo dottor Manzini, direttore dell'ufficio comunale di Venezia, già allora, pur essendo favorevole alla sfilata nel corteo storico, si opponeva fieramente alla disputa della gara remiera nella città lagunare. Purtroppo non è dato conoscere i motivi della sua opposizione.

L'attuale Palio Remiero delle Università Veneziane è un evento sportivo innovativo ma con un forte radicamento simbolico alla tradizione. La sfida è nata appena nel 2005 - cioè ieri - per iniziativa degli atenei veneziani IUAV e Ca’ Foscari, con lo scopo di coinvolgere i propri studenti in attività sportive extra-accademiche.

Va da sé che in una città come Venezia tali attività dovessero riguardare la voga. Ora la voga alla veneta è già rappresentata autorevolmente, e comunque nessuno vieta ad uno studente di essere o diventare un bravissimo regatante e arrivare a vogare su un gondolino. Anzi mi risulta che non pochi di quelli che attualmente vogano, anche a livello agonistico, sono studenti o hanno già conseguito i loro titoli accademici.

Allora, se non si vuole fare una brutta copia delle regate di voga alla veneta e se si vuole restare nel solco della tradizione marinaresca medioevale, viene naturale fare riferimento alla regata delle antiche Repubbliche Marinare.

D'altro canto è noto come la tradizione di gare tra studenti universitari si perda nel medioevo nell'ambito delle Confraternite Goliardiche e delle Feriae Matricularum. Da noi alla Università di Padova, nel clima di tolleranza garantito dalla Serenissima, attorno al 1600 insegnava Galileo, che veniva spesso a Venezia, dove aveva la sua donna. Sono famosi i versi dei suoi antichi studenti; chi non conosce la goliardica filastrocca:

" Veneziani, gran Signori; Padovani, gran dotori; Visentini, magna gati; Veronesi tuti mati; Udinesi, castelani coi cognòmi de Furlani; Trevisani, pan e tripe; Rovigòti, baco e pipe; i Cremaschi fa coioni; i Bresàn, tàia cantoni; ghe n' é ncora de pì tristi: Bergamaschi brusa cristi!; E Belun? Póro Belun, te se proprio de nisùn!". Scusate l'orgoglio ma, "el sangue no xe acqua". Noi però:
" Veneziani gran signori!";.

Mescolando le due cose: le tradizioni marinare di Venezia nel medioevo e le altrettanto antiche tradizioni goliardiche si può capire come sia possibile attribuire al Palio delle Università una sua profonda valenza culturale: sia per quanto concerne il suo significato storico-tradizionale, sia per quanto concerne il suo significato sportivo, se per sport si intende la volontà di far incontrare, la gente, i popoli, in pace, affratellandoli nella gara.

Così il Palio Remiero delle Università costituisce un suggestivo ampliamento della sfida cittadina tra i due Atenei Veneziani, Ca’ Foscari e IUAV, realizzato invitando le altre Università a mettersi in gioco nelle magiche acque della città più bella e, non solo per storia, almeno spero, più tollerante e aperta del mondo.

Le imbarcazioni tradizionali utilizzate per il Palio delle Repubbliche Marinare sono fornite dal Comune di Venezia. La selezione degli studenti e gli allenamenti sono seguiti da esperti istruttori di voga. Attualmente la gara si inserisce, nel corso della Regata Storica, prima dell’arrivo delle regate dei giovanissimi e dei campioni sui gondolini.

È indubbio che per questi motivi la manifestazione ha titoli per costituire un arricchimento della Regata Storica.

Facciamo a questo punto un ultimo ragionamento: a proposito della gestione delle tradizioni storiche; questo ragionamento ci sarà utile per prendere la nostra decisione finale. Cominciamo osservando che, diciamo da sempre, essenzialmente si contendono il campo due principali punti di vista:

1) Posizione che io chiamo filologica: le tradizioni devono essere conservate intatte come ci sono pervenute dal passato; esse devono essere preservate da ogni contaminazione sia fisica che intellettuale. Nel nostro caso dovremo indagare e riferirci a quello che si faceva verso la metà del 1800, cercando di mantenere i contenuti e lo spirito originari.

E' una ricerca che sicuramente qualcuno ha fatto. Anche se, al momento, essa non serve ai nostri ragionamenti, sarebbe comunque interessante conoscerla; tra l'altro essa risulterebbe utile per valutare se la contaminazione non si sia già subdolamente insinuata.

Il nostro scopo dovrebbe essere allora quello di ripristinare le condizioni esistenti all'origine della manifestazione. Dovremo però, comunque, chiederci se è giusto non tener conto della mutata sensibilità del pubblico attuale.

Così è banale affermare che, dovendo far rivivere le antiche tradizioni romane legate alle feste nelle arene, non potremo riferirci in alcun modo al truce messaggio di violenza e di morte che caratterizzava i combattimenti tra i gladiatori; queste cose, per fortuna, non ci divertono più.

2) Posizione che io chiamo evolutiva: solo le cose morte, rimangono immutabili nel tempo, mummificate, a volte emanando odore di cripta, l'odore della morte; allora si può cambiare per tener viva una manifestazione, perché non diventi un oggetto da museo.

Per essere viva una manifestazione deve saper cambiare, deve evolvere e può diventare sempre più bella, se è amata veramente e disinteressatamente. Una manifestazione deve cambiare per non perdere il contatto con la realtà, deve saper diffondere un messaggio attuale, che tra l'altro serva ad unire non a dividere.

Secondo me il discrimine per il cambiamento non è tanto la filologia, quanto è dato dallo stile: devono essere evitate, prima di tutto, le cose che snaturano il significato della manifestazione in vista di fini ideologici, di fini politici, di fini commerciali, di fini corporativi; comunque vanno evitate le cose brutte.

Il messaggio che, nel nostro caso, accanto allo straordinario connubio tra uomo-barca e ambiente-laguna che contraddistingue le regate di voga alla veneta, ci sembra possibile trasmettere deve esaltare le tradizioni migliori e più genuine della nostra terra e della nostra gente: libertà,tolleranza, agonismo, eleganza.

E ancora, il messaggio deve ricordare lo spirito cosmopolita, retaggio della Serenissima Repubblica, tuttora testimoniato dai nostri monumenti; il nostro Palazzo Ducale, la nostra Chiesa di San Marco: intrecci preziosi, raffinati e originalissimi di Oriente e Occidente.

La facciata del Palazzo con l'intarsio dei marmi, il gioco elegante nel merletto dei grandi finestroni ogivali, il ricordo di Persia negli archi acuti; Bisanzio e Alessandria nella facciata e nella cupole della Chiesa; Costantinopoli nella quadriga dei cavalli dorati; il Leone, forse un antico drago cinese; il nostro Santo Patrono, San Marco, anche lui è venuto da fuori, è arrivato da Oriente.

Dobbiamo evitare ogni pulsione corporativa e xenofoba, che non è nello stile degli uomini di mare e tanto meno è nello stile degli uomini di laguna: laboriosi, tenaci, gioiosi, arguti e curiosi, ospitali.

Da sempre, da tutto il mondo, persone innamorate della natura, innamorate della cultura, innamorate della eleganza, sono arrivate in laguna, a Venezia, e qui hanno potuto apprezzare e hanno dato testimonianza della squisita ospitalità delle popolazioni.

Vittorio Alfieri, Goethe, Byron, Ruskin, Nietzsche, Wagner, Thomas Mann, James Joice, Marinetti,
D'Annunzio, Diego Valeri, Venini, Hemingway , Le Corbusier, Maderna, Nono, Luisa Baccara pianista, Turcato, Vedova, Guggenheim, Visconti; chi non ricorda il film Morte a Venezia, tratto dal romanzo di Thomas Mann der Tod in Venedig? La lista potrebbe estendersi indietro a tempi ancora più lontani e continuare fino a ieri.

A questo punto è superfluo che io dica cosa mi sembra giusto e da che parte si volta il mio cuore. Ma prima che tu prenda la tua posizione, per darti un altro punto di vista ancora, dirò cosa, tra i ricordi più dolci, era per me, quando da bambino vivevo a Venezia, la Regata Storica:

Io mi ricordo quando da piccolo con tutta la famiglia andavamo a remi in "batea", presto, prima che chiudessero l'accesso dei rii al Canal Grande, a vedere la regata; tra luci, colori ed emozioni, c'era la gara, la foga dei remi, il tifo, l'orgoglio e l'esultanza di chi vinceva. Era una cosa bella i regatanti erano forti, erano eroi, per me tutti avevamo vinto.

Poi c'erano i panini, le melanzane a funghetto, il vin bianco per i grandi, gazzosa e aranciata per noi bambini; ma la succosa dolcezza delle ultime angurie non bastava a consolarci del triste presagio che era nell'aria: la fine dell'estate, l'imminente ritorno a scuola, l'inverno, l'acqua grigia e opaca nei rii.

Fine delle calde umide notti stellate; fine delle vogate in laguna; fine delle battute a buse de gò in sandolo”, a noleggio dallo stazio di San Rocco, vicino a casa; si andava in barena, dietro San Giorgio; fine dei furti golosi di fichi negli orti di Sant'Erasmo; fine dei tuffi nell'acqua tiepida del canale della Giudecca, alle Zattere, giù dal pontone della Bucintoro; anche se era proibito e il guardiano ci dava il tormento, ma noi avevamo messo al sicuro i vestiti.

Prima di decidere, ancora un momento, voglio, per un attimo, ricordarti quello che diceva il filosofo olandese che per sfuggire alla Santa Inquisizione, invece di insegnare a scuola, doveva nascondersi e, per vivere, faceva le lenti dei cannocchiali per Galileo:

"Delle cose degli uomini non ridere, non piangere, non condannare, ma devi capire".

Bene adesso tocca a te, clicca qui sotto su "commenti". Leggerò tutto, con pazienza e attenzione e, chissà, che tu non abbia ragione.

Renato Bullo

4 commenti:

Gabriele L ha detto...

Trovo giusto inserire la sfida tra le due università veneziane, il galeone è un'imbarcazione spettacolare e inseriti nel contesto della Regata Storica, nella giornata in cui il Canal Grande è avvolto da una atmosfera magica, rende il tutto entusiasmante, e soprattutto più avvincente per coloro che seguono la manifestazione dalle rive e dalle barche (purtroppo sempre meno).
L'unica nota stonata che mi viene da sottolineare è nella diretta RAi che, secondo me, dovrebbe ammodernarsi e seguire la Regata Storica un po' più in ottica competizini e, non come spot per la promozione turistica della città, gratificando così di più gli atleti (in parte demoralizzati dai premi in denaro sempre più esigui).

mirco ha detto...

In effetti il pericolo è quello di banalizzare la manifestazione riducendola ad un messaggio turistico-commerciale. Promozionale, appunto, come tu dici. Secondo me il problema non sta però né nel turistico", né nel "commerciale", e ″ nel promozionale″ che è l'unione dei due concetti; il problema sta nel "banalizzare". Per banalizzare io qui intendo non preoccuparsi di riprodurre o non riuscire tramettere l'atmosfera e le emozioni e i significati che l'avvenimento contiene. Così la manifestazione diventa una variopinta cartolina. Sai come quelle " Tanti saluti da Venezia". I remi sono bastoni che battono l'acqua, le barche oggetti che galleggiano, i regatanti dei manichini. Manca l'atmosfera, mancano le emozioni, manca la vita. Se prima non si conosce non si prova e non si capisce è però impossibile trasmettere. Per fare questo il cronista dovrebbe avere la umiltà di parlare con i protagonisti, in particolare con i regatanti; la capacità di cogliere le istanze che stanno dietro alla manifestazione, la professionalità di documentarsi sul contesto e sull'enorme sforzo organizzativo che stanno dietro ad essa. Purtroppo così non è spesso. Nel nostro piccolo noi stiamo cercando di fare qualcosa , e lo stiamo facendo anche ora, anche qui.

Canottieri Treporti ha detto...

Troverei interessante se la RAI invitasse nella trasmissione un ex regatante, magari qualcuno di preparato, qualcuno in grado di fare una specie di "telecronaca". Penso che non ci sia abbastanza "passione" nei personaggi che attualmente commentano la diretta.
Un'altra considerazione che vorrei fare riguarda invece l'aspetto umanistico della manifestazione, sarebbe onorevole se riuscissimo, come regatanti e appassionati, a lanciare un qualche messaggio di speranza o di solidarietà, non so se riesco a spiegarmi, ma vorrei che il regatante riuscisse a rendersi promotore di qualcosa in più che di una semplice rievocazione storica.

Gabriele L ha detto...

Non credo che il problema sia nella telecronaca della Regata Storica bensì nella struttura "cartolina" (riprendo il termine dal commento di Renato Bullo poichè rende perfettamente il concetto).

Per quanto riguarda il regatante non è un attore di una qualche rievocazione storica ma in quanto sportivo ha già il compito di diffondere i valori della lealtà, coraggio, rispetto delle regole, rispetto dell'avversario, affidabilità, coerenza e costanza, frattellanza ecc. ecc.
Sarebbe già tanto che ogni sportivo si facesse carico di trasmettere questo, poi se qualcuno volesse trasmettere qualcosa altro di positivo ben venga, ma basta pensare a qualche finale di regata per renderci conto di cosa viene trasmesso il più delle volte (anche nelle regate minori).