28 febbraio 2011

La Formula Uno del remo

Se oggi possiamo ammirare la magia di una bianca gondola da regata, se possiamo sentire la dolce emozione nello scatto elastico di un gondolino, lo dobbiamo ai molti che hanno avuto il coraggio di evolvere e, distillando antiche esperienze, adeguare le barche alle esigenze, seguendo e realizzando con orgoglio e passione un sogno, di tecnica, bellezza e di eleganza.
Così la forma della gondola è cambiata nel tempo: guardiamo le immagini qui sotto, la prima da un quadro del '500, mostra una barca più bassa, più larga e più corta, non c'è ancora la asimmetria tipica delle gondole attuali. A prova manca perfino il caro ″dolfìn″.
Tra il '600 e il '700, la gondola cambia ancora. La barca si evolve per un nuovo uso: ″de casada″ per i ricchi mercanti e per la nobiltà. La poppa si alza decisamente dall'acqua, la coperta diventa spiovente, la forcola acquista il suo ″còmio″ scolpito, il ″ferro da prova″ , finalmente, diventa ″capèo del doge″. Qui nel trionfo dei colori e nel fasto delle decorazioni, che splendono d'oro e d'argento, la Serenissima, sfoggia con orgoglio la propria ricchezza. Fiera della potenza sull'acqua, delle proprie leggi, della propria cultura, della sua laguna e delle sue tradizioni. Venezia sfida il mondo, bigotto e conformista, parlando di libertà, di gioia di vivere, di gusto,di raffinatezza e di eleganza.
Nel diciannovesimo secolo, la poppa e la prua si alzano ancora dall'acqua, lo scafo si snellisce e si allunga fin quasi gli 11 metri di adesso: addirittura per avere la barca attuale bisogna aspettare fin quasi al secolo scorso. Nuove esigenze tecniche vengono accolte. La linea d'acqua diventa ancora più arcuata per rendere la barca più maneggevole; la forte asimmetria della sentina, è per vogare ad un remo; il ferro di prua è calcolato, con sapienti rapporti di leva, per bilanciare il peso del gondoliere.
Adesso le gondole non sono più di legno, sono più leggere, in compensato marino. Non sono più nere di pece. Ma vivaci e preziose in tutti i loro nuovi colori. La gondola è sempre elegante; la gondola è viva!. Chi la ama e la voga sognando, la sente ancora più bella, ancora più sua.
Dobbiamo lasciare ai giovani le nostre tradizioni come un insegnamento, come un caro ricordo, ma anche come una sfida per andare avanti, per realizzare le nostre speranze. Vogliamo che, facendo tesoro anche dei nostri sbagli, abbiano il coraggio di cambiare, con le loro idee, sempre più liberi, sempre più tolleranti. Per essere finalmente cittadini del mondo, sempre più amici, sempre più fratelli di tutti.
Lo sport è sempre stato, con i suoi ideali di eguaglianza e lealtà - trasformando in gara la nefanda pulsione alla guerra, frutto della indomabile voglia di lottare, combattere e sopraffare che da sempre si annida nell'animo umano - la via maestra per unire popoli e nazioni.
Lo sport, sfruttando il progresso della scienza e della tecnologia, ha saputo fornire nuovi orizzonti e nuovi esaltanti traguardi, all'uomo atleta. Così nell'Atletica, così nel Nuoto, così nel Ciclismo, così nello Sci, negli Sport alpini, così nella Vela, così nella Voga.
Sport non è solo gareggiare ma anche inventare. Come fecero Icaro e Prometeo sfidando, quando serviva, anche gli Dei e la Natura; sport è anche saper sfruttare a fondo la scienza, la tecnologia, per esaltare tutte le possibilità che offre questa meravigliosa macchina che è il corpo umano, con quella cosa che ci rende rari nell'Universo, che è la nostra intelligenza,
Perché allora noi della voga dobbiamo fermarci, dobbiamo limitare i nostri orizzonti, perché non dobbiamo inventare nuove meravigliose barche. Perché dobbiamo uccidere il sogno? Perché non dobbiamo provare a volare?

Non oso pensare il coro di proteste, le urla degli odiosi moderati, le accuse di insania mentale, di delirio o di mania di grandezza che - se non fosse il caso che non sono nessuno e che non rappresento nessuno - io potrei ricevere per quello che sto per dire; ma vedete, io ci credo, e sento che quelli come me non sono pochi.
Qualcuno forse si vergogna. Io no, cari amici, so che cosa state pensando: ″sì, in manicomio, come te ce ne sono moltissimi″. Bene, allora io spero di essere l'ultimo, quello più savio e che ha meno idee e meno coraggio di tutti.
Avete presente l'America's Cup, avete presente la Formula Uno?, e noi che voghiamo siamo più “Mone”?. Non dovete storcere il naso, guardate che è una parola antica, nobile e bella: viene da Monna, cioè da Madonna, che viene da Domina: la Padrona di Casa, in Latino. Sono stupidi, insensibili e incapaci quelli che avendo i loro interessi, spesso con generosità ci finanziano, pubblici e privati?
Oltre ai muscoli mettiamo in gara anche le idee, la fantasia, la scienza e la tecnologia, tutto. Inventiamo e mettiamoci in gioco, ciascuno con le proprie tradizioni, con le proprie capacità con la propria eleganza e con il proprio stile. Fissiamo le regole e poi liberi di inventare!. Facciamo il campionato mondiale. Premiamo chi arriva primo, ma anche chi ha fatto la barca più bella, quella che in acqua sta meglio. Premiamola come si premiano tutte le opere d'arte.
Voglio vedere se i fratelli d'Europa, i fratelli d'Africa, d'Asia e di America, saranno capaci di vincere il nostro stile italiano. Già siamo orgogliosi. Cosa volete?. Siamo già primi nell'Arte, nel Mangiare e nel Vino, nel Vestire, nella Ferrari. Perché avere paura, saremo primi anche nei Crea negli Amadi o in un qualche altro Cantiere: in Lombardia, sul Garda, ad Ancona, a Pisa, a Genova, a Napoli, ad Amalfi, in Sardegna, in Sicilia, dove volete: in ogni bel Cantiere d'Italia. È solo questione di soldi, non mancano gli uomini; non mancano forza, amore e passione.

Ora potete capire perché mi stringe il cuore e mi viene da piangere quando penso a quanto siamo lontani dal sogno e dalla speranza; quando vedo la guerra che c'è e la fatica mostruosa, anche per arrivare a vogare, solo gareggiando in Italia. Quando penso alla Canoa, al Canottaggio, alla Vela, che sono già in tutto il mondo, come vorrei anche per noi.
E mi ritornano alla mente come in un brutto risveglio la meschinità di certi farseschi proclami, di certi miopi egoismi. Purtroppo oggi l'Italia, l'antico popolo di santi poeti e navigatori, sembra sia prigioniera, soggiogata da una procace, sguaiata schiera di nani.

A questo punto Orwell direbbe: ″E certi nani sono ancora più nani degli altri″.

Renato Bullo

Nessun commento: